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La politica della ruspa

La politica della ruspa

Un articolo sullo sgombero di un accampamento informale di circa 30 persone senza dimora, prevalentemente uomini nigeriani, iracheni, pakistani e afgani a Bolzano. L’ennesima operazione muscolare dell’amministrazione cittadina non è la soluzione per porre fine alla marginalità sociale nel capoluogo altoatesino.

Testo: Alessio Giordano 
Foto: Ludwig Thalheimer

Un articolo del giornale di strada zebra. del maggio 2021


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A Bolzano ha avuto luogo di recente lo sgombero di un accampamento informale di circa 30 persone senza dimora, prevalentemente uomini nigeriani, iracheni, pakistani e afgani. L’ennesima operazione muscolare dell’amministrazione cittadina non è la soluzione per porre fine alla marginalità sociale nel capoluogo altoatesino.

Nelle prime ore del mattino del 28 aprile gli operatori della Seab, coadiuvati dalle forze dell’ordine, sono entrati in azione con camion e ruspa sotto il cavalcavia dell’autostrada all’altezza di viale Trento. Juri Andriollo, assessore alle politiche sociali del Comune di Bolzano, ha giustificato l’azione in nome della sicurezza delle persone senza dimora che lì avevano creato dei giacigli di fortuna, poiché questi si trovavano in prossimità di uno stabile di proprietà di Autostrade Spa in via di demolizione. Andriollo ha dichiarato, inoltre, che le persone erano state avvisate in anticipo. Gli*le attivisti*e che hanno assistito alla scena (in molti casi tenuti*e a debita distanza dalle forze dell’ordine) hanno visto le persone uscire dalle tende e cercare di raccogliere in fretta e furia alcuni dei propri effetti personali. Ci sono stati momenti di tensione e a molti*e è parso che gli sfollati non fossero stati informati preventivamente dello sgombero. Quanto accaduto a fine aprile non è una scena inedita, da anni nel capoluogo altoatesino si assiste a sgomberi di questo genere. Meno visibili e coreografici ma ugualmente “efficaci” dal punto di vista della salvaguardia del cosiddetto “decoro urbano” sono le zelanti operazioni di sanificazione di alcune zone della città, che comprendono spesso lo smaltimento di coperte, sacchi a pelo ed effetti personali delle persone senza dimora che proprio in quei luoghi trovano riparo. Una politica che opera in questa direzione considera chi vive in condizioni di marginalità un elemento da nascondere o eliminare e non si cura delle conseguenze che ricadono su chi viene colpito da sgomberi, daspo urbano e dispositivi repressivi di questo tipo. Si continua a ignorare che senza soluzioni condivise e a lungo termine le situazioni di precarietà che si vorrebbero contrastare si acuiscono gravemente. Le persone sfollate, infatti, non scompaiono, ma semplicemente si spostano e trovano un’altra zona in cui stabilire il proprio ricovero di fortuna, possibilmente ancora più celato agli occhi del resto della città e più difficili da individuare e, di conseguenza, da agganciare, per gli*le street worker.


La marginalità viene associata a un problema di sicurezza e pare che la città di Bolzano – che conta circa centomila abitanti - non riesca proprio a gestire il fenomeno delle persone senza dimora, che coinvolge circa duecento persone sul territorio comunale e si appiattisce su formule emergenziali e simboli sdoganati nel recente passato dalle politiche securitarie di destra e sinistra. Proprio sulla ruspa il leader leghista Matteo Salvini ha costruito un efficace storytelling, rilanciando sui social l’utilizzo dello scavatore in diverse occasioni, creando nell’immaginario del pubblico legami tra fenomeni che su un piano razionale non hanno nulla in comune: dalla demolizione della villa del clan dei Casamonica, allo sgombero di una baraccopoli in cui vivevano alcuni migranti già vittime di caporalato in provincia di Foggia. Anche le amministrazioni di centrosinistra, come dimostra l’esempio di Bolzano, sono ricorse e ricorrono tuttora questo espediente, soprattutto nei confronti di migranti, marginali e lotte politiche e sociali. A livello nazionale l’azione dell’ex ministro degli interni Matteo Salvini si è inserita nel solco tracciato dal suo predecessore Marco Minniti, ai tempi esponente del Partito Democratico. All’allora ministro Minniti si deve, infatti, l’introduzione del DASPO urbano, che punisce una persona non per aver commesso un reato o per una sua pericolosità sociale, ma per il fastidio e il degrado che la sua presenza in un determinato luogo causerebbe. Si tratta di strategie richiamano alla memoria la “teoria delle finestre rotte”, illustrata dal criminologo James Q. Wilson e dal sociologo George L. Kelling in un articolo pubblicato su “The Atlantic” nel 1982. Secondo i due autori per arrestare la criminalità occorre innanzitutto porre fine al degrado, ai piccoli disordini quotidiani e ai comportamenti considerati immorali (ma irrilevanti da un punto di vista penale). Questo pensiero, alla base della “Tolleranza zero” del sindaco Giuliani a New York negli anni ’90, è ancora oggi molto attuale e di ispirazione anche per le amministrazioni comunali di molte città italiane. Bolzano sembra essere tra queste quando sceglie di contrastare la marginalità con azioni securitarie e ad effetto, come avvenuto per l’ennesima volta poche settimane fa. Dal capoluogo altoatesino - ogni anno ai vertici delle classifiche nazionali per qualità della vita – è lecito attendersi di più. Si parla da anni di soluzioni a lungo termine volte all’inclusione sociale delle persone senza dimora, come per esempio centri diurni a bassa soglia nel cuore della città o progetti di housing first volti all’autonomia e alla responsabilizzazione delle persone senza dimora. Soluzioni di questo tipo sono state già sperimentate con successo da realtà a noi geograficamente vicine, in Italia e in Austria. Alcune associazioni del terzo settore, la società civile e le organizzazioni di volontariato hanno dimostrato negli anni di essere pronte a fare la propria parte. È ora che la politica faccia lo stesso.

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