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Ho scelto la libertà

Ho scelto la libertà

Günther ci racconta la sua esperienza nella rubrica "auf der Straße". Günther ha vissuto per tanto tempo una vita “normale”, cercando di tenere il passo di una società sempre più frenetica e orientata al profitto. Sette anni fa ha detto basta e ha deciso di cercare la felicità assecondando la voce del suo cuore. Ha scelto di vivere libero.

Testo: Günther, Alessio Giordano

Foto: Alessio Giordano

Un articolo del giornale di strada zebra. del giungo 2020 


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Günther ha vissuto per tanto tempo una vita “normale”, cercando di tenere il passo di una società sempre più frenetica e orientata al profitto. Sette anni fa ha detto basta e ha deciso di cercare la felicità assecondando la voce del suo cuore. Ha scelto di vivere libero.

Da quattro anni a questa parte passo molto tempo sulla panchina a ponte Talvera. Mi sembra un’ottima metafora della vita: c’è il passaggio (delle persone e del fiume) e sono circondato dalla natura. Metto un barattolo a terra per un piccolo contributo da parte di chi passa. Quando una persona mi lascia una moneta io le do un mio pensiero. Scrivo tanto e ci tengo che siano persone di cuore a ricevere i miei pensieri e il frutto del mio impegno. Penso che così questo scambio abbia un suo senso.
Quando sono indeciso rispetto a una scelta da compiere non mi ostino ad arrivarci attraverso il ragionamento, ma cerco di ascoltare la voce del cuore. Cerco sempre di aprire il mio orizzonte e di accedere a una nuova dimensione. Per certi versi è semplice vivere tutta la vita in una sola scatola e mantenere sempre la stessa prospettiva. Ritengo che sia meglio aprire la scatola in cui siamo ed entrare in un altro contenitore, poi uscire da lì e trovare un nuovo spazio, e così via.
Dal ponte ho notato che nel corso degli anni le automobili sono diventate sempre più grandi e l’essere umano invece si è fatto più piccolo. Nella società di oggi va avanti chi sgomita di più, la competizione è sfrenata e di conseguenza nelle persone aumenta l’ansia da prestazione. Ho sempre vissuto la vita come sentivo avrei dovuto fare, senza farmi condizionare. Sono uscito da quello che chiamo il “sistema” nel lugli del 2013. Non ce la facevo più a correre dalla mattina alla sera. Ho lavorato 29 anni, svolgendo impieghi diversi. Ho lavorato in banca, ma il lavoro d’ufficio proprio non faceva per me. Preferivo un lavoro all’aperto o in uno spazio più ampio. Anche lì però bisognava rendere il massimo per prendere il minimo. Non ce la facevo più a vivere su un treno lanciato a velocità folle e mi sono detto “o scendo o mi ammalo”. Allora ho lasciato tutto e sono partito: Trentino, Veneto, Francia, poi di nuovo in Alto Adige. A Stenico, in Trentino, ho trascorso due inverni in una grotta. Non ho improvvisato, sapevo cos’era necessario per vivere all’aperto. Ho trascorso molto tempo anche ad Avio, nei pressi del castello. Avevo un buon rapporto con la gente del posto, che dopo un po’ si era incuriosita ed è venuta a conoscermi. Tornato a Bolzano, ho dormito per un anno e mezzo sulla passeggiata del Guncina. Sono state esperienze molto belle. Ero immerso nella natura. La natura, se la capisci, non ti fa del male.
Ho poi avuto un problema alla gamba, ma avevo perso il diritto al libretto sanitario. Per poterlo rifare sono dovuto rientrare parzialmente nel sistema e ho trascorso otto mesi in un dormitorio cittadino per la convalescenza. Ora ho trovato una piccola stanza e sto bene così. Desideravo vivere con una libertà maggiore rispetto a quello che la “scatola” in cui ero mi consentiva di fare. Oggi non sono del tutto libero, ma lo sono più di tanti altri. Dalla mia panchina vedo tanta gente che cammina ma in realtà rimane ferma sempre nello stesso punto.

Credo che la crisi legata al Coronavirus abbia avuto anche dei lati positivi. Senza dover correre avanti e indietro dalla mattina alla sera, le persone hanno potuto riflettere sulla propria esistenza e pensare cosa cambiare in meglio. Molti hanno avuto la possibilità di stare in famiglia e parlare tra loro. Una persona mi ha detto “sono riuscito a capire davvero chi sono mia moglie e i miei figli”. Significa che finora avevano convissuto, ma non si conoscevano nel profondo. Se nella pratica tante persone migliorano in questo senso la propria vita, credo che possano poi fungere da esempio per gli altri. Credo molto nel valore della pratica e dell’esempio concreto. Io sono cresciuto con mia nonna. Fin da piccolo osservavo quello che faceva e cercavo di fare lo stesso. Teneva ogni cosa pulita e in ordine e crescendo ho fatto mio il suo esempio.
Sono grato a Kompatscher per aver “aperto” l’Alto Adige il 9 maggio. Mi ha commosso vedere le persone di nuovo a passeggio per il centro, riprendere alcune delle proprie abitudini. A volte le piccole cose danno più soddisfazione delle cosiddette grandi conquiste. La società è sempre più una rincorsa al potere. Forse l’essere umano, in seguito al coronavirus, è diventato più umile ed è in tempo per raddrizzare la situazione.
Tra qualche giorno compirò 60 anni. Prima o poi tornerò a vivere nel bosco, magari sull’altopiano del Lessinia. Circondato dalle montagne qui l’orizzonte è limitato, mentre lì è sconfinato e mi permette di aprirmi ancora di più alla vita.

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