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La banca e l’etica

La banca e l’etica

Un articolo e intervista sulle due realtà in antitesi “Banca” e “etica”.  Negli ultimi vent’anni, però, a livello locale e globale sono nati istituti in cui questo connubio si è realizzato, alimentando un circolo virtuoso con ricadute positive al contempo sulle comunità e sui*lle risparmiatori*rici.

Testo: Alessio Giordano

Foto: Anna Mayr und Oikocredit Österrecih

Un articolo del giornale di strada zebra. del giugno 2022


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“Banca” e “etica” sono viste spesso come due realtà in antitesi. Negli ultimi vent’anni, però, a livello locale e globale sono nati istituti in cui questo connubio si è realizzato, alimentando un circolo virtuoso con ricadute positive al contempo sulle comunità e sui*lle risparmiatori*rici.

Il 15 settembre 2008, Lehman Brothers, la quarta banca d’investimento degli Stati Uniti, dichiarò fallimento. Le immagini dei*lle dipendenti che abbandonano gli uffici della banca d’affari con in mano i cartoni contenenti i loro effetti personali fecero immediatamente il giro del mondo e sono ancora oggi il simbolo dei limiti del capitalismo finanziario. Come alternativa a quella che Giovanni Ferri, docente di Economia e Relazioni internazionali presso l’Università LUMSA di Roma, definisce “turbofinanza”, si pongono la finanza etica e quelle imprese bancarie socialmente responsabili che operano sull’economia reale e che, facendo riferimento a valori etici e morali, favoriscono uno sviluppo sostenibile per l’essere umano e l’ambiente.

Il bene comune
Le prime esperienze di una finanza eticamente orientata risalgono al 15° secolo con la nascita dei Monti, istituti di microfinanza a sostegno delle fasce povere della popolazione. Nel 20° secolo si assiste alla nascita dei Fondi Etici (il Pioner Fund del 1928), del microcredito (la Gameen Bank di Muahmmad Yunus nel 1976 in Bangladesh) e delle banche etiche. Oggi l’esperienza più rilevante in Italia è quella di Banca Etica. Fondata nel 1999, attualmente dispone di un capitale sociale che supera gli 82 milioni di euro e conta 2,3 miliardi di risparmi depositati dai*lle propri*e clienti. Sono più di 46mila, invece, i*le soci*e in Italia, di cui 344 in Alto Adige. Giulietta Osti, socia di Banca Etica da alcuni anni, è la coordinatrice del GIT-Gruppo Iniziativa Territoriale della provincia di Bolzano. Impegnata sul territorio in attività di sensibilizzazione sul tema della finanza etica e di informazione circa l’attività di Banca Etica, spiega che “la nostra banca si impegna a orientare i flussi finanziari verso l'economia reale a impatto positivo ed esclude dai suoi finanziamenti armi, fonti fossili, allevamenti intensivi, gioco d'azzardo e tutte le attività ritenute nocive per le persone e il pianeta.” Banca Etica mira a un profitto funzionale al bene comune da raggiungere tramite l’accesso al credito: nel 2021 ha finanziato più di 13mila clienti, per un totale di 1,1 miliardi di euro. Prima di concedere un finanziamento la banca valuta sia gli aspetti economici, sia quelli non economici - impatto sociale, ambientale e governance - dell’impresa che lo richiede. Banca Etica verifica poi annualmente l’impatto dei progetti finanziati e pubblica i risultati sul proprio sito. “La trasparenza e la fiducia sono fondamentali e per questo riteniamo doveroso mostrare dove vengono investiti i soldi dei*lle soci*e”, afferma Osti.

Creare valore per il territorio
Tra le realtà finanziarie etiche che operano in Alto Adige ci sono anche Oikokredit (vedi intervista a pag. 13) ed Ethical Banking della Raiffeisen - Cassa Rurale di Bolzano. Roland Furgler, che da 11 anni ne è il responsabile, ricorda che “Ethical Banking è nata nel 2000 da una richiesta venuta direttamente dai risparmiatori e dalle risparmiatrici ed è stata guidata a lungo da Helmut Bachmayer, allora dipendente della Cassa Rurale e storica figura del commercio equosolidale altoatesino.” Negli anni EB ha ampliato la propria offerta e all’unica linea di investimento iniziale, il Commercio equo e solidale, ha aggiunto altri sei ambiti di finanziamento: Fondo di solidarietà rurale, Risanamento energetico, Energie rinnovabili, Agricoltura biologica, Artigianato in Alto Adige e Meno handicap. Ogni linea di investimento è seguita da un partner esperto (tra cui Bioland, Lebenshilfe, CTM Altromercato), che aiuta EB a valutare se chi richiede un finanziamento soddisfa i requisiti socio-ambientali richiesti. EB si rifà allo statuto del fondatore Raiffeisen, secondo cui è compito della banca organizzare e sostenere l’economia e le associazioni del territorio con i soldi che provengono dal territorio stesso. Dietro EB c’è l’idea del bene comune e il suo obiettivo è unire banca e scopo sociale, concedendo finanziamenti agevolati a progetti privati. I risparmiatori hanno la possibilità di decidere in quale delle sette linee vengano utilizzati i propri soldi. Secondo Furgler “banca ed etica possono andare a braccetto, se la prima rinuncia alla massimizzazione del profitto a tutti i costi per concentrarsi sui benefici per le persone, le comunità e l’ambiente.” Il volume di risparmi attuale di EB si aggira intorno ai 30 milioni di euro, con una quota di investimento che raggiunge il 70 percento. In totale sono più di 400 i progetti finanziati in Alto Adige. EB, che insieme a Banca Etica e altre realtà italiane ed europee è parte di FEBEA (v. infobox a pag. 14), ha ancora una dimensione di nicchia e questo secondo Furgler ha dei vantaggi. “I nostri investitori possono andare a visitare di persona i progetti finanziati, possono vedere cos’hanno contribuito a costruire con i propri investimenti,” prosegue il responsabile di EB, “e se inizi a vivere la banca in questo modo, la banca “tradizionale” non ha più senso.” Chi apre un libretto di risparmio da EB, inoltre, può decidere da sé il rendimento del proprio investimento, scegliendo in un range tra lo 0 e l’1 percento massimale. “Tantissimi*e ancora oggi optano per lo 0 percento rinunciando agli interessi: vogliono solo che il denaro venga utilizzato per scopi sostenibili”, rivela Furgler, che rifiuta di arrendersi all’idea che sia normale guadagnare soldi attraverso i soldi o che l’unica cosa che il*la cliente debba desiderare sia il rendimento.

Da Bolzano all’Ecuador
Helmut Bachmayer, primo responsabile di Ethical Banking, oggi è vicepresidente della cooperativa Mandacarù di Trento, che nel 2019 ha inglobato la cooperativa bolzanina Le Formiche andando a creare una vera e propria struttura regionale legata al commercio equo e solidale. Negli ultimi 25 anni Bachmayer ha coltivato rapporti ed esperienze con le realtà della finanza etica italiane ed europee - su tutte la GLS-Gemeinschaftsbank für Leihen und Schenken di Bochum - arrivando a collaborare anche con alcuni istituti bancari del Sudamerica, Ecuador in particolare. “Tutto ha inizio nei primi anni Duemila, quando vengo contattato da Giuseppe Tonello, detto Bepi, che negli anni ’70 si era recato come missionario laico a Salinas, in Ecuador, per sostenere lo sviluppo della popolazione indigena delle Ande.” racconta Bachmayer. Attraverso il sostegno economico del Fondo Ecuatoriano Populorum Progressio, in quegli anni Tonello diede vita ad alcune cooperative di produzione della lana, del cioccolato, dei funghi e un caseificio. Fondò poi delle piccole cooperative di risparmio e credito e avviò i primi rapporti con quello che oggi è il Banco Codesarrollo di Quito. “Avevano però bisogno di più liquidità e Tonello, che aveva letto della nostra finanza etica mi contattò”, ricorda il vicepresidente di Mandacarù. Ethical Banking e le Casse rurali altoatesine finanziarono quindi un mutuo triennale di 600mila euro, che venne ripagato. In seguito fu stanziato un secondo finanziamento di un milione di dollari, affinché la popolazione indigena potesse acquistare i loro territori, la cui proprietà non era ancora stata certificata. “Abbiamo coinvolto in questo progetto una ventina di Casse Rurali nazionali, la centrale Iccrea a Roma e la Federazione delle casse rurali arrivando a 30 milioni di investimento sostenibile in Ecuador.” La storia di Bachmayer con l’Ecuador e il Banco Codessarollo, però, non finisce qui. Nel 2020, infatti, Mandacarù si fonde con la cooperativa trentina “Il Canale”, che promuove progetti di cooperazione in Perù, Brasile, Cambogia ed Ecuador e che disponeva di un pacchetto di azioni proprio del Banco Codessarollo. “Mandacarù, quindi, è diventata anche “banchiera”, afferma Bachmayer, che recentemente ha partecipato all’assemblea annuale del Banco. “Oltre al nostro capitale di circa 1 milione di euro, abbiamo anche parecchio risparmio investito in Ecuador, che finanzia piccoli progetti per gli indigeni dell’altopiano delle Ande.” Attualmente Mandacarù gestisce circa 4 milioni di euro di risparmio dei*lle suoi*e soci*e, gran parte dei quali finanzia progetti della cooperativa di importazione del commercio equo e solidale Altromercato.

Queste esperienze dimostrano che finanza ed etica possono convivere e creare relazioni umane significative e che un altro modo di intendere il denaro e l’uso che le banche ne fanno è possibile. L’incontro tra commercio equo e solidale, biologico e Sud globale permette di migliorare le condizioni di vita di molti*e e la trasparenza degli investimenti consente alla fiducia dei*lle risparmiatori*rici nei confronti delle banche di crescere. Il bene comune in questo modo può avere ricadute positive sui singoli a livello locale e globale.

 

Le banche etiche in Europa

Febea - Federazione Europea delle Banche Etiche ed Alternative è un’associazione senza scopo di lucro nata in Belgio nel 2001, al fine di promuovere e sviluppare la finanza etica in Europa. Fondata da sei istituzioni finanziarie europee eticamente orientate quali Banca Etica (Italia), Crédit Cooperatif (Francia), Credal (Belgio), Hefboom (Belgio), Caisse Solidaire du Nord Pas de Calais (Francia) e TISE (Polonia), raggruppa oggi 33 istituzioni finanziarie di 15 Paesi. Il suo obiettivo è la realizzazione di strumenti e di servizi finanziari specifici, mirati al sostegno di istituzioni, esistenti o in fase di creazione, operanti nella finanza etica in Europa.

„1,7 Milliarden Menschen sind nicht bankfähig“

„1,7 Milliarden Menschen sind nicht bankfähig“ Helmut Berg

Gewinn ohne Rücksicht auf Verluste? Der Grundgedanke von Oikocredit ist nicht jener, aufgrund der Profitabilität zu investieren. Die Organisation widmet sich sozialen Projekten, die profitabel sind und gleichzeitig Menschen im Globalen Süden unterstützen. Helmut Berg, Direktor für Marketing und Sales, erklärt, wie das geht.

Kapital anlegen und damit etwas Positives anstoßen, wie funktioniert das?
Helmut Berg: Oikocredit ist eine internationale Entwicklungsgenossenschaft. Sie wurde 1975 vom ökumenischen Rat der Kirchen gegründet. Der Anlass war der Weltkirchentag im schwedischen Uppsala im Jahre 1968, also zur Zeit des Vietnamkrieges. Es wurde eine Frage gestellt, die nicht aktueller sein könnte, und zwar, ob die Kirchen ihr Geld auch in Firmen anlegten, die mit Kriegen zu tun haben. Dabei entstand die Idee, eine Organisation zu gründen, die sich ausschließlich mit sozialen Investments beschäftigt.

Inwiefern unterscheidet sich Oikocredit hierbei von einer Bank?
Oikocredit ist keine Bank, sondern eine Genossenschaft. Wir vertreiben keine Fonds, sondern Genossenschaftsanteilszertifikate. Wir haben nur ein einziges Produkt und bieten keinen Angebotemix an, den wir gesammelt als nachhaltig etikettieren. Wir decken drei Bereiche ab: das Inclusive Investment, Genossenschaften im Agrarsektor mit einem sozialen Charakter und Projekte für Solarenergie in sozialen Einrichtungen und landwirtschaftlichen Betriebe. Wir investieren ausschließlich in sozial nachhaltige Initiativen. Sie müssen profitabel sein – sonst wäre es ja eine Spende – aber man stellt dabei die Menschen in den Mittelpunkt.

Was kann man sich unter Inclusive Investment vorstellen?
75 Prozent der Portfolios von etwa 1 Milliarde Euro dient dazu, um Kredite an Mikrofinanzinstitute zu geben. Man kann sich das wie kleine Dorfbanken vorstellen. Diese Banken haben tausende Kunden, die sogenannte Mikrokredite - von 100 bis 5.000 Dollar – anfragen. Es werden beispielsweise Menschen bei der Einkommensgenerierung unterstützt, die sich beruflich etwas aufbauen wollen und dafür Ideen haben, etwa eine Frau, die in eine Nähmaschine investieren will, weil sie damit mehr verdienen kann als bei der Feldarbeit. Das ist wichtig, denn es gibt Menschen, die vom gesamten Finanzwesen exkludiert sind und keinen Zugang zu einem Konto haben. Wir sprechen von 1,7 Milliarden Menschen auf der Welt, die derzeit non-bankable (nicht bankfähig) sind. Ihnen bleibt auch der Zugang zu den primitivsten Bankleistungen verwehrt.

Wie wird diese Kreditvergabe kontrolliert?
Durch Angestellte unserer Partnerinstitute, sogenannte Loan Officer. Das ist eine Mischung aus Bank- und Sozialarbeiter*innen. Sie fahren durch die Dörfer und hören sich die Geschichten der Menschen an, beraten und betreuen. Wenn alles passt, werden die Kredite genehmigt. Parallel wird auch in Ausbildung investiert. Will jemand in eine Nähmaschine investieren, muss die Person oft erst nähen lernen, damit sie das Gerät unternehmerisch nutzen kann.

Wo seid ihr überall vertreten?
Wir sind in 33 Ländern der Welt – in Afrika, Asien und Lateinamerika – tätig und haben dort unsere Länderbüros. Damit sind wir vor Ort mit über 500 Projektpartner*innen im ständigen Austausch und können rund 32 Millionen Endkundinnen und Endkunden betreuen. Das ist auch wichtig für die Risikostreuung. Auf unserer Webseite www.oikocredit.at kann nachverfolgt werden, in welchen Ländern wir arbeiten und welche Projekte wir dort unterstützen. Wer bei Oikocredit investiert, ist an diesem Portfolio beteiligt.

Anleger*innen fragen sich derzeit, ob der eigene Fond auch Firmenanteile enthält, die in Kriegsgeschäfte verwickelt sind. Wie ist das allgemeine Bewusstsein für derlei Fragen?
Das Bewusstsein nimmt zu. Noch vor 15 Jahren bedienten wir einen kleinen Nischenmarkt. Mittlerweile ist der Markt des sozialen Investments - oder auch Impact Investments genannt – deutlich gewachsen. Menschen möchten in etwas Investieren, das Menschen hilft. Und sie möchten wissen: Was tut denn mein Geld, wenn es „arbeitet“? Mittlerweile hat Oikocredit weltweit etwa 60.000 Investor*innen. Oikocredit zahlt eine maximale Dividende von 2 Prozent im Jahr an diese aus. Aktuell sind es marktbedingt 0,5 Prozent, weil die Zinsen gesunken sind.

Es gibt den Spruch „You vote every day with your wallet” Wir geben also Konsument*innen jeden Tag eine Stimme mit unserer Brieftasche ab. Das gilt auch fürs Investieren, oder?
Ja, genauso wie man mit seinem Konsumverhalten Veränderung bewirken kann, kann man das auch mit seiner Geldanlage. Habe ich mein Geld am Sparbuch, weiß ich im Grunde nicht, was die Bank damit tut. Theoretisch können damit viele Dinge finanziert werden, die ich eigentlich nicht unterstützen möchte. Bei Oikocredit sehe ich ganz genau, was mit dem Geld passiert und wie es Menschen unterstützt.

 

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